IN APNEA
Ogni giorno ci sono decine di persone che mi chiedono come sto, all'inizio non sapevo rispondere poi, piano piano, ho confezionato delle parole perfette che dicono e non dicono: non lo puoi raccontare alla gente, brevemente, quello che hai dentro, quel vento che ti spazza il cuore non si può descrivere. Oggi una mia carissima amica, che mi ha sopportato per quasi un anno in casa mentre il mondo crollava e tentavo di tenerlo in piedi senza riuscirci, mi ha chiesto se sto respirando, la risposta parrebbe banale "certo che respiro, sono viva!" E invece non è così, ho l'anima in apnea da luglio dell'anno scorso, corro corro per non stare ferma a pensare perché fermarsi è difficile, da ferma le cose te le devi ricordare e col fatto che non ti vedrò tornare ci devo fare i conti. L'apnea era il tuo sport, la tua vita, il tuo rifugio; oggi capisco perché: se impari a stare sotto, a controllare il respiro e i battiti del cuore diventi praticamente invincibile, controllerai tutto mentre un cuore normale avrà già battuto due volte il suo tempo. Certe cose si capiscono sempre tardi, dopo che la vita ti ha sbattuto in faccia la sua lezione che hai appreso solo a spese delle tue cicatrici: dopo anni di lamentele, capisco che l'acqua faceva parte di te e tu di lei, era inutile preoccuparsi o arrabbiarsi, non si può impedire all'onda di baciare la sabbia; prima o poi la proverò la sensazione di un'immersione che sicuramente mi porterà più vicino a te.
Il mio cuore ha sempre battuto troppo veloce, anche mentre mi sdraiavo sul tuo petto: ascoltavo il tuo battito che era forte, regolare e lento mentre cercavo di rallentare anche il mio, volevo farli battere all'unisono e invece non lo hanno fatto mai: ma che bel suono che facevano insieme, è capire e amare le differenze che rende interessante la melodia.
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